lunedì 30 giugno 2008

domenica 29 giugno 2008

venerdì 27 giugno 2008

Fabio Barcellandi

Sulla questione femminile

dietro
un marito
un uomo
un nemico
un pericolo
sempre
alle spalle
ma sei tu
a volerlo
in quel posto

girati
e affrontalo
non farà male
… più di così!

giovedì 26 giugno 2008

John Fante

Una sera me ne stavo a sedere sul letto della mia stanza d'albergo, a Bunker Hill, nel cuore di Los Angeles. Era un momento importante della mia vita; dovevo prendere una decisione nei confronti dell'albergo. O pagavo o me ne andavo: così diceva il biglietto che la padrona mi aveva infilato sotto la porta. Era un bel problema, degno della massima attenzione. Lo risolsi spegnendo la luce a andandomene a letto.
Al mattino mi svegliai, decisi che avevo bisogno di un po' di esercizio fisico e cominciai subito. Feci parecchie flessioni, poi mi lavai i denti. Sentii in bocca il sapore del sangue, vidi che lo spazzolino era colorato di rosa, mi ricordai cosa diceva la pubblicità, e decisi di uscire a prendermi un caffè.
Andai al solito ristorante, mi sedetti su uno sgabello davanti al bancone e ordinai un caffè. Il sapore era più o meno quello ma, nel complesso, la bevanda non valeva quello che costava. Mentre ero lì seduto mi fumai un paio di sigarette, lessi i cartelloni che riportavano i risultati delle partite dell'American League, evitando con cura quelli della National League, e notai con soddisfazione che Joe DiMaggio teneva ancora alto l'onore degli italiani, perché era in testa alle classifiche dei battitori.
[...]
Avevo vent'anni, allora. Che diavolo, dicevo, prenditela comoda, Bandini. Hai davanti a te dieci anni per scrivere un libro, vacci piano, allora, guardati attorno e impara qualcosa, gira per le strade. Il tuo guaio è che non sai niente della vita. Dio mio, amico, ti rendi conto che non sei mai stato con una donna? Sì che ci sono stato, e con un sacco, anche. Oh, no, non è vero. Hai bisogno di una donna, hai bisogno di farti un bagno, hai bisogno di una bella sgroppata, hai bisogno di soldi. Dicono che basti un dollaro nei posti giusti, al massimo due. Be', già alla Plaza ne basta uno comunque, ma tu non ce l'hai, e un'altra cosa, codardo, anche se avessi un dollaro non ci andresti, perché a Denver ti è capitata l'occasione e non ne hai approfittato. No, vigliacco, hai avuto paura, e ce l'hai ancora. Per questo sei felice di non avere il dollaro.

Tratto da "Chiedi alla polvere"

mercoledì 25 giugno 2008

AIM - Hubis

martedì 24 giugno 2008

Rosanna Palmieri

Morire insieme
per risvegliarci soli,
tastando brevi assenze
nei chiaroscuri
di albe silenziose,
m' innamorava di te
quello che di me
ti scoprivo sul viso,
nelle stanche pose
di palpebre aduse
a non fare domande,
a scandire discrete
il tempo passato
ad appassionarci di noi,
senza che la ragione
potesse prendere fiato,
senza la banale routine
del trascinarsi quotidiano,
nel cortocircuito alato
di straordinari voli.



Cortocircuito

domenica 22 giugno 2008

Da "Budapest"


Salmo domenicale


Puttana solitudine contemporanea,
strozzata dalle parole dei poeti e
mai vinta.
Che siamo tutti durata
solo quello
io lo so ma ti chiedo quanto
pianto vuoi dare ancora a mia madre?
Andare a spasso la notte fra
burattini tristi
bersi le stazioni vuote della metropolitana alle 5 del mattino
fottersi le casse di legno quando le mettono nei loculi o
le coprono di terra.
Piangere il capolavoro che non hai ancora scritto.
Intanto i tossici intrecciano corone di spine nei luna park,
le giostre dormono incappucciate,
un uomo accoltella un altro e
gode.
Il barbone muore, lo spacciatore timbra il cartellino e
se ne torna a casa pure lui.
Ore 04.53
In una stanza piena d’ansia penso che
farei l'amore con una margherita.
Spuntano
ragni asmatici e le sirene delle ambulanza cantano la
marcia funebre alle fabbriche abbandonate.
Mi viene in me qualcosa dove c’entri anche tu.
Mi esce il sangue dal naso,
mi tocco e allo specchio scrivo
solitudine.

"PIETRE CADUTE" DI GIACOMO LA FRANCA: LEGGE GLEDIS CINQUE

sabato 21 giugno 2008

Patrizia Valduga - Vieni, entra e coglimi

venerdì 20 giugno 2008

Agneta Falk

Conoscere

/Conoscere bene qualcosa
è ricominciare
ad aprire la pelle
dell’universo
ed entrarci dentro,
giacere accanto alla sua guancia,
baciare la sua bocca
a occhi aperti./

/Conoscere bene qualcosa
è come camminare sulla luna
e cantare in qualsiasi lingua
anche se non sai
le parole./

/Qualsiasi cosa ti sorvoli
può essere sorvolata.
Ciò che resta è ciò che conosci bene./

giovedì 19 giugno 2008

Luis Mizón

IV

Dipingo con gli occhi chiusi
il cammino astratto del tuo corpo
.............................
............................
del tuo balcone io sarò il balcone
con la mia mano arrugginita
di cemento quasi trasparente
ti terrò in alto
come il sogno d'un marinaio
addormentato su una tavola
sarai una donna d'acqua
una cascata che si invola
la sola che lascia le mie dita umide
di luce e d'acqua salata
terrò il tuo segreto
non sono che la tua sete.


Da La casa del respiro (La Vita Felice, 2008)

mercoledì 18 giugno 2008

Vincenzo Costantino "Chinaski"

SERA DI PIOGGIA

Quando poi avrò smesso di camminare
e poi avrò tempo di coltivare
la rabbia e la gioia
quando poi sentirò odori e sapori
confusi nella sabbia
guarderò le mie scarpe e le mie ferite
urlerò ai lampioni
mi innamorerò dei taxi e dei taxisti
quando poi giocherò a scacchi con le molliche di pane
e giocherò con il resto del mondo
a Chemin de fer
ed i pugni si chiuderanno e si apriranno
come per segnalare che sono
ancora vivo
e quando poi i cavalli
saranno bianchi e verdi
e l’alba ed il tramonto
si stringeranno finalmente la mano
e le discese non saranno più risalite
e quando poi la gente senza amore
sarà sepolta dai debiti
quando io sarò nella mia stanza
sognando mio padre e mio figlio e
tutto quello che non c’è
Lei entrerà come un sogno
vestita di bleu
e come una carezza di miele dirà:
-Ciao…sono qui.-

martedì 17 giugno 2008

domenica 15 giugno 2008

Pietro Aretino


Fottiamci, anima mia, fottiamci presto
perché tutti per fotter nati siamo;
e se tu il cazzo adori, io la potta amo,
e saria il mondo un cazzo senza questo.
E se post mortem fotter fosse onesto,
direi: Tanto fottiam, che ci moiamo;
e di là fotterem Eva e Adamo,
che trovarno il morir sì disonesto.

- Veramente egli è ver, che se i furfanti
non mangiavan quel frutto traditore,
io so che si sfoiavano gli amanti.

Ma lasciam'ir le ciance, e sino al core
ficcami il cazzo, e fà che mi si schianti
l'anima, ch'in sul cazzo or nasce or muore;

e se possibil fore,
non mi tener della potta anche i coglioni,
d'ogni piacer fortuni testimoni

sabato 14 giugno 2008

venerdì 13 giugno 2008

Modigliani, Amedeo

giovedì 12 giugno 2008

Boris Vian

mercoledì 11 giugno 2008

Io?Drama: Il testamento di un Pagliaccio

martedì 10 giugno 2008

Luigi Romolo Carrino - Incombenza del quando penso a te

È rimasta la notte. Il vino storto. Le birre forti. Quando penso a te dico l’errore e ho l’ansia qua e non se ne va, non se ne viene. La casa al mare, o solo la casa dove stare senza più disegni, senza tracce di sangue sulle pareti, senza specchi, ma questo divano nuovo comprato da Ikea, pezzentello, e gli angeli di Mariagrazia. Quando penso a te non riesco a scrivere una poesia che ti dica e mi pare che ogni cosa sia troppo letteraria per saperti, per farti un ritratto. È rimasta Milano 3 giorni a settimana, a volte quattro. Fare la borsa, dimenticare i calzini, quel libro di un altro Dino, quel libro del pazzo che ti somiglia, che non sei tu, il nome che non dici mai a bassa voce, il nome che ti fa danno e follia, che ti fa mio. Ogni cosa se ne va e se ne viene nella bocca, nella testa, e mi pare che tutto quello che oggi, mi pare, che tutto quello che oggi ho, mi pare che non vale niente senza di te, che non mi resto e non mi manco.

Pare che quando penso a te c’è vento e ho freddo, poi ho caldo, poi ho freddo, poi chiudo la finestra e leggo due righe di Proust da “La Prigioniera”:

Fin dal mattino, la testa girata ancora verso il muro, e prima d’aver visto, sopra le grandi tende della finestra, di che sfumatura fosse la striscia di luce, sapevo già che tempo faceva.

Quando penso a te dico che stai chissà a fare che, che stai a fare niente sulla porta, in macchina, dentro a un pezzo del mondo che ci vuole così, in due posti diversi. Che stasera sei Ela la Vendetta, che stanotte sei maledetta nei tuoi tacchi 12, nei tuoi capelli biondi come il pane, nella gioia di un coltello che devi nascondere tra le palle per proteggerti, difenderti dal solo te, dall’animale che ti scopa e ti fa sentire bella, bella e basta. Rimane solo la notte quando penso a te, che non mi vuole dormito, che non mi scende nel sonno. Se la notte io questa me lo permetto, di pensare a te, dico, allora io mi penso come a te che vieni con i capelli ricci, mi baci e resti via. Mi baci e mi perdoni tutto il tempo che sono stato lontano, le ore che ho sottratto alle nostre spalle. Ma credimi, è stato per decidermi, è stato per mangiarmi minuto per minuto ogni inutile saluto fatto con la mano sinistra, la mano sbagliata. Ma credimi, è stato per poco, non sono stato via così tanto, non sono stato via, vero?

Ora però si è fatto tardi, e me ne devo andare. Ma non salutarmi così, come se fosse solo così, l’addio qualunque e un paio di scarpe nuove, una maglietta nuova che sostituisce quella bucata, quella nera che non metto più ormai. Non salutarmi senza vedermi, io non ce l’ho più quella voglia di stare, qui. Ho tanto cose da fare domani, devo dormire.

È restata la notte, il wisky, una bottiglia di vino, vuota. Una busta della mondezza che devo buttare, due pacchetti di marlboro aperti sul tavolo di vetro, “sulo pe’ parla’” che canta Alessio, un paio di calzini ancora umidi, il dizionario di retorica, 3 bollette del condominio arretrate, Mariagrazia che sta a Napoli, un pizzico d’erba che non basta a farsi ‘na canna, il booklet dell’ultimo disco di Morgan macchiato di caffè, sono restate tutte queste cose e io, quando penso a te, penso che si è fatto tardi, e me ne devo andare.

lunedì 9 giugno 2008

Michele Simone

Epigrafe di un suicida

Ho lasciato morire o miei occhi,
sprofondare nel calore della notte
arrancando indeciso fra luci e bagliori;
e annega così la gioia
e con lei
scorre via la speranza.
Non c’è timore nel lasciarti vivere
È un tumore, il mio, a seccarmi le vene,
lasciando perplessa la terra
che si chiede turbata
come, un uomo, può lasciarsi,
ferito,
morire.
E allora inventate un corteo
Che porti in gloria
Il mio inespresso rancore.
Lasciate, vili, che sia al vento
A donarvi la voce;
che possa ungere la terra,
ovunque,
la miseria del giorno.
Che avvinazzati insulti
Insozzino il cielo, chè mai
Scese
Ad alleviare il dolore.
Che le rondini smettano di agitare la primavera,
mai vidi fiori chinarsi a raccogliermi
e lodare la mia bellezza.
Che arda l’ acqua, la terra e aria
Un rogo infinito che purifichi
Ogni ipocrisia.
Che la cecità colpisca il mio sguardo
Per non guardare della terra,
con ribrezzo,
il lezzo di cui si veste.
Che mi sia recisa la lingua,
che mi sia strappato il cuore,
che mi sia portato via l’ amore,
che mi sia turbata la mente.
Oggi avrei voglia di svenire.

domenica 8 giugno 2008

Marina Minet - Sono morti e non lo sanno

sabato 7 giugno 2008

venerdì 6 giugno 2008

Danilo Pettinati


_Viandanti

Viandanti, fauna mattutina
avventori di stazioni e primi bar
dai sottopassi_ fratelli di sonno
nel risveglio metallico di grigi
umidi e freddi corrimano.

Viandanti, pensieri deformi
ombre essenziali indossano che il sole
non l'investe che di taglio, abbagliante
e una foschia l'invade ad ogni soffio
miele acerbo di sigarette.

Viandanti, popolo di Ulisse
portan sulle spalle il peso d'un fiero
migratorio scantonare, metafora
metropolitana del viaggio, spesi
in eterogeneo sciamare.

giovedì 5 giugno 2008

The best of Charlie Chaplin

mercoledì 4 giugno 2008

Fais moi mal Johnny

martedì 3 giugno 2008

Davide Canzi


metropolitan

città e movimento
il cielo cambia
in un momento
scivolando tra linee metropolitane
cerchi nostalgici
di un sogno lontano
frenesia accalcata
in una carrozza
città in crescendo
vita consumata a pinte
pesce fritto e patatine
multietnie inserite
cambio di ritmo
chiudo porte di locali
osservando limousine
noleggiate per sfizio
sorsi di vita alla goccia
rigore e movimento
se mi fermo sono gia vecchio
londra in pillole
ristoranti thai sfoggiano insegne
che domani accompagneranno i ricordi
racconti d'oltre manica
piove e il sole bussa alla finestra
tra poco il vento
accompagnerà gli odori
trasportandoli altrove
salgo sul piano superiore
ordinando da bere
"una pinta per favore"

lunedì 2 giugno 2008

"Pietre Cadute" di Giacomo La Franca

Io al piano,
Pepito on the guitar.
Libreria "Archivi del '900",
Milano.
La data sinceramente non la ricordo.

domenica 1 giugno 2008