lunedì 9 giugno 2008

Michele Simone

Epigrafe di un suicida

Ho lasciato morire o miei occhi,
sprofondare nel calore della notte
arrancando indeciso fra luci e bagliori;
e annega così la gioia
e con lei
scorre via la speranza.
Non c’è timore nel lasciarti vivere
È un tumore, il mio, a seccarmi le vene,
lasciando perplessa la terra
che si chiede turbata
come, un uomo, può lasciarsi,
ferito,
morire.
E allora inventate un corteo
Che porti in gloria
Il mio inespresso rancore.
Lasciate, vili, che sia al vento
A donarvi la voce;
che possa ungere la terra,
ovunque,
la miseria del giorno.
Che avvinazzati insulti
Insozzino il cielo, chè mai
Scese
Ad alleviare il dolore.
Che le rondini smettano di agitare la primavera,
mai vidi fiori chinarsi a raccogliermi
e lodare la mia bellezza.
Che arda l’ acqua, la terra e aria
Un rogo infinito che purifichi
Ogni ipocrisia.
Che la cecità colpisca il mio sguardo
Per non guardare della terra,
con ribrezzo,
il lezzo di cui si veste.
Che mi sia recisa la lingua,
che mi sia strappato il cuore,
che mi sia portato via l’ amore,
che mi sia turbata la mente.
Oggi avrei voglia di svenire.

Nessun commento: