Da Budapest
Preghiera dell'Ateo alla Vergine
Nelle facce di bambini piccoli
sui prati d’asilo d’autunno piange
l’innocenza votata alla morte,
madre a cui chiedo senso,
ora che la terra restituisce le urla
di gole strozzate al patibolo
in secoli oscuri.
Cade la testa dal legno,
scoppia il cuore col ferro
del proiettile che poteva essere
abbraccio.
Straziato oramai quello del non ritorno,
madre,
ma solo perchè l’orizzonte
di me uomo perduto è
da troppo tempo Solitudine.
Terra grassa di peccato
calpestata impunemente da uomini
a cui hanno tolto il destino
e come porci
non ti cercano intenti a fissare fossati,
a godersi il potere che li illude in vita
nella menzogna di non necessitare
Perdono.
Il supplizio faccia loro almeno esplodere
le lacrime bianche del Figlio e scacci i vermi
da quegli occhi infestati da televisori,
dai venditori e dai dittatori.
Con in mano le ceneri di troppe giornate
maledicono il sole che li viene a svegliare,
lontano da te
loro pena sia d’ ombre
provare l’amore.
Se penso a quando mi aggrappai a lei
che mi aveva di nuovo fatto svegliare,
e invece anoressico era il suo cuore,
affido a te le rancide stille di questo
dolore.