martedì 27 maggio 2008

Nazìh Abu 'Afash (Marmarita - Siria 1946)

FUGGENDO DI LA'

In sogno...
L'uomo incaricato a esaminare gli incartamenti dei rifugiati mi chiese:
- Perché sei venuto straniero?
- Per fuggire di là ...
Da paesi impazziti dove non c'è più niente verso cui rivolgermi a pregare
salvo le tombe e gli idoli...
e gli archi di trionfo ricoperti da un sudario di polvere
e di imposizioni
e cadaveri di fiori impiccati nei matrimoni dei barbari!...
Di là ...
Dove la gente sotterra la propria infanzia nelle lacrime
la gioventù nelle delusioni
la vecchiaia nella pazzia dei pazzi
la morte ... in qualcosa a cui non sanno dar altro nome
che "morte".

- E cosa vuoi fare qua
buon uomo?
- Continuare la mia vita in silenzio
(in silenzio come ho sempre fatto quand'ero là)
Osserverò le nuvole
libererò il mio spirito sotto le ali d'un piccione delle piazze...
E invidierò la libertà del cane.
Camminerò, come l'orfano, ai margini delle dimostrazioni studentesche
e dello sventolar delle bandiere bianche
il cui unico scopo è quello di dire:
"La libertà ... è più preziosa della patria
e la giustizia ... è più santa del Regno di Dio".
Sorriderò alle donne sui marciapiedi
e accarezzerò le vecchine tristi sulle panchine dei giardinetti.
E quando soffierà in me la solitudine dell'orfanismo
Entrerò furtivo nelle stazioni del metro
suonerò il mio `ud e canterò
da far tremar le pareti ...
e cigolar i sedili ...
L'aria piangerà
e l'umanità felice frenerà a stento il proprio gemito e sospirerà:
"Da qual paese di sofferenza
soffia questo canto sanguinante?!"
Perfino quando sarò sazio d'erranza, di canto e lacrime
tornerò a casa mia, nei sobborghi
curerò la mia malinconia fischiettando
e cullerò lo squallore del mio animo coi sogni,
conterò i miei piccoli passi, da un angolo all'altro,
come colui che misura la distanza fra le viti e l'aia
poi ... da un angolo all'altro:
fra le colline e le fonti! ...
E per consolare il mio spirito nelle desolate domeniche d'autunno
pianto i bulbi di narciso e ciclamino... sul davanzale della mia finestra
per illudermi che io continuo - come nelle primavere del passato -
ad affacciarmi sui campi del mio paese piangente...
e sui suoi monti malati...
e alla sua atmosfera sottomessa e imbalsamata.

E quando gli incubi mi assaliranno
uscirò alla luce della terra, (perché qui si esce nelle tenebre)
vagherò per le strade come i turisti squattrinati:
il bavero della giacca sollevato
il cuore in pianto
le mani in tasca...
e sulla mia bocca
gocce di pioggia pulita
come le lacrime degli orfani.
Mi soffermerò alla porta di Dio come il mendicante... e balbetterò:
"O Signore... fammi tornare nell'utero di mia madre
per riscaldarmi nel buio delle sue viscere
e succhiarmi il pollice sotto i battiti del suo cuore generoso d'asceta.
Fammi tornare... all'acqua della sua santa tenerezza
dove la placenta è più luminosa del mare
e la serenità più eloquente della musica;

O Signore... riportami all'utero".

** *** *** **
Per questo son venuto, signore
per via dei sogni son venuto
per la felicità del cuore che fa piangere lo straniero
per questo son venuto
fin qui, dove è possibile all'uomo - senza vergogna - inginocchiarsi alla debolezza
e adorar la bellezza
inebriandosi del profumo della tenerezza dell'uomo.
Son venuto... per mondare la mia miseria col pianto
e rattoppare gli strappi della mia vita coi sogni.
Son venuto a continuare la mia vita in silenzio
appoggiandomi coi gomiti sul tavolino in un angolo del caffè
a scriver lettere e poesie... e lottar contro il rimpianto
maledicendo i tiranni
l'inquietudine
e le insidie della vita
bramando un paese feroce
in cui non mi auguro... neanche di morire.

Damasco 1998

2 commenti:

Fabio Paolo Costanza ha detto...

E domani non mancate che c'è l'Oriente al Tambourine,
e le ballerine...

Anonimo ha detto...

sulle vie di damasco o del comasco