lunedì 12 maggio 2008

Poesia del giorno: Michele Simone


Adagiarsi sui prati e intrecciare
Corone di fiori, non per poter lasciar
Sui colori la dolcezza di un amore,
ma intrecciare per farne un cappio
e morire eleganti e in pace col sole;
così raccontava distratto un signore
ancora giovane a me ancora più
giovane: ma un ricordo ancora
più chiaro era il sorriso sicuro
e ben serrato in una profonda
gioia di cui ancor ora non mi
spiego il motivo.
La labbra appena socchiuse
Parevano baciare l’ aria
E “morte”, suonava fra esse,
quasi avesse detto “amore” ,
poi scorsi i suoi occhi bruciati
fra i ricordi ancora sospesi,
sonnambuli anch’ essi, come
lui che muoveva i suoi passi
noncurante di cose e persone,
come un oscuro viandante che
senza curarsi dell’ altrui cordiale
sorriso sorvola sul mondo
ignorandone pace e bellezza
avendo già in sé, pace e bellezza,
al sicuro rinchiuse nella quiete
del suo umore. Un’ angoscia trafisse
il mio squallido e pallido percepire:
ch’ io non avessi colto e capito
niente? CH’ io avessi permesso
al mondo di oscurarsi e non lasciarsi
accorpare a me?
Me lo chiedo tutt’ ora,
davanti ad un cadavere felice,
che mi chiese di guardarlo
per scoprire nella profondità del lutto
l’ amaro della vita splendore.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Danilo a detto…

Come promesso a Michele un tentativo di critica seria...

Intanto il respiro del pezzo …lontana da un certo “poetese” in cui ogni tanto cadi (i “tiepidi sussurri a gonfiarti il cuore…”).
L’incipit introduce una situazione/sfondo e crea una specie di status mentale di passività e contemplazione (adagiarsi…) Le immagini non si impongono come scolpite nel silenzio ma affiorano e “muoiono eleganti”. La musicalità rende il tutto scorrevole e fluido, mai melenso.
Verso libero discorsivo e musicale (alla Pavese) con cadenza terzinata :

“ Ada/giarsi sui /prati e intrec/ciare
Co/rone di fiori …
…Mo/rire ele/ganti e_in /pace col /sole_
_co/sì raccon/tava di/stratto un si/gnore ”

e a tratti sincopata pur nella sua distensione…

“ E /“morte”, suo/nava fra /esse,
/quasi avesse det/to “a/more” ”

si procede verso una graduale presa di coscienza ("ma un ricordo ancora più chiaro…") dal totale al particolare (le labbra, gli occhi bruciati) dal passivo all’attivo (“poi scorsi” dove “poi” scandisce lo scorrere del tempo e accentua questo passaggio) e dall’impersonale al personale (“LUI che muoveva… come un oscuro viandante”).
Il “viaggio” conduce attraverso la mediazione dell’osservatore interno (quello di “poi scorsi”) all’interiorità del viandante che è un concentrato di pace e bellezza (ripetuto due volte) .

La quiete viene letteralmente trafitta dall’angoscia (come il verso spezzato in due da un punto).
“Il mio squallido e pallido percepire”, è un verso forte e i due punti a chiusura non sono gratuiti; è la frattura fra l’immagine evocata e le domande che ne scaturiscono, un fattore straniante che riporta “a freddo” al presente.

Le risposte non sono definitive (non possono esserlo) ma sono implicite nella costruzione del verso finale “l’amaro della vita splendore” : l’inversione pone “la vita” tra “l’amaro” e “lo splendore” come in una tensione al riversarsi dell’uno nell’altro, come una schiarita in un cielo cupo.
( per capirci tutt’altro significato avrebbe avuto “lo splendore della vita amaro” decisamente pessimista, o “l’amaro splendore della vita” più inconcluso e proiettato verso un retorico “nella vita nessuna certezza…”)

Piccola critica: non chiuderei i versi con "mi", "come" o "che" (mi suonano forzati...
mentre apprezzo certi a capo come "altrui cordiale/ sorriso"

Scusate se vi invado una pagina...

Danilo.