martedì 18 marzo 2008

I giorni dei disperati: Leo Ferrè

Signora miseria

Signora miseria ascolta il clamore
Di chi stringe la cinghia di chi piega
il groppone
Quando muore di sete si abbevera di pianto
Quando non piange più crepa
sotto l'incanto
Della natura e della distruzione

Sono dei suppliziati dal ventre trasparente
Senza fede né legge che regolano il conto
Al signor Effemeride che li ha derubati
Dei vent'anni ponendoseli fra gli occhi cerchiati
E non lasciando loro più niente

Signora miseria ascolta il tumulto
Che come un carro funebre dai bassifondi sale
Trascinando illusioni ed inghiottendo insulti
E tenendo per mano dalle collere adulte
Perché non restino sole

Sono degli arrabbiati che disturbano la storia
E mettono talvolta del sangue sulle cifre
come se uno debba toccare perché alla fine sappia
Che un popolo felice ruttando nella greppia
Val bene una testa di re

Signora miseria ascolta il silenzio
Che attorno ai letti sfatti dei magistrati troverai
Il codice del terrore fa rima con forca
Basta solo trovare impiccati di scorta
E ciò Dio mio non manca mai

6 commenti:

Anonimo ha detto...

Léo, Albert, Charles, Antoine Ferré, noto come Leo Ferrè (Principato di Monaco, 24 agosto 1916 - Castellina in Chianti, 14 luglio 1993) fu un poeta, scrittore, cantautore e anarchico.
Figlio di Joseph Ferré, direttore del personale del Casinó di Monte Carlo, e di Marie Scotto, sarta di origine italiana. Insieme a loro e la sorella Lucienne, di due anni maggiore di lui, vive a Monaco fino agli 8 anni. Leo Ferrè, scopre l'arte del canto già all'età di 7 anni, nel 1925 infatti viene inserito nel coro della cattedrale di Monaco come soprano, impara il solfeggio e scopre la polifonia al contatto delle opere di Palestrina e di Tomás Luis de Victoria. All'età di nove anni viene mandato in un collegio cattolico a Bordighera, il Saint-Charles, in cui rimane fino all'adolescenza . Nel 1930 Léo Ferré ha 14 anni e compone "Kyrie" per una messa a tre voci. Nel 1935 va a Parigi per studiare Diritto e nel 1939 prende il diploma di scienze politiche. Durante questi anni perfeziona i suoi apprendimenti autodidatti con il pianoforte, e mette in musica un secondo poema di Paul Verlaine "Le piano que baise une main frêle" (Il piano che bacia una mano fragile). Tra il '39 e il '40 inizia la mobilizzazione per la guerra e ritorna a Monaco. Nel 1941, per la prima volta, si esibisce in pubblico, nell'Accademia di Belle Arti di Monte Carlo. Nel 1943 si sposa con Odette Schunk, la su carriera di cantante cresce e nel 1946 si trasferisce a Parigi dove incomincia a frequentare i cabaret di Saint-Germain come cantante. È il dopoguerra, nel paese si diffondono nuove tipologie di cantanti e canzoni, tra questi Leo Ferré che inizia a dar luce alle sue ideologie anarchiche attraverso i suoi testi. Stringe amicizia con alcuni esiliati spagnoli a cui dedica canzoni come Flamenco de Paris, Le Bateau Espagnol e Franco la Muerte, per la quale avrà il veto di entrare in Spagna se non dopo la caduta
del regime. Frequenta Maurice Joyeux e il gruppo libertario "Louise Michel". Scrive la famosa canzone Gli Anarchici e le sue idee ispirano canzoni come: Monsieur Tout Blanc contro Pio XII, Mon General contro De Gaulle, Allende contro Pinochet. Scrive una trilogia contro la pena di morte e certe parole di vangelo che agli imbecilli promette il cielo , scrive parole di profeta!: La Mort de Loups, Madame la Misère, e Ni Dieu ni Maitre. Nel 1947 firma il suo primo contratto con Le Chant du Monde per la canzone "Paris", scrive Les amants de Paris che successivamente verrà interpretata da Edith Piaf. Nel 1948 incontra Catherine Sauvage che sarà una dei suoi interpreti più fedeli. Nel 1950 si separa dalla moglie. Mette in musica i testi dei poeti maledetti dell'ottocento francese. Nel 1953 va in scena il suo oratorio lirico su testo di Apollinaire: La chanson du mal-aimé, nello stesso anno si sposa con Madeleine Rabereau. Nel 1954 scrive e dirige la Symphonie interrompu. Nel 1956 pubblica il libro di poesie Poete, vos papier! e scrive il romanzo ispirato alla sua infanzia oppressa in collegio, Benoit Misère pubblicato nel '70 da Laffont, e ora da Gallimard. Negli anni a seguire scrive Testament Phonographe in diverse edizioni arricchite di nuovi testi. Negli anni sucessivi accoglie positivamente prima il movimento beatnik, poi quello del Sessantotto. Sulla copertina di "Le Monde Libertaire" del 1968 appare una sua foto con la scritta autografa: Viva l'Anarchia con una grande A come Amore!. Nel 1969 Léo Ferré si trasferisce in Italia con Marie-Christine Diaz a San Casciano nei pressi di Firenze. Successivamente incide molti dischi, compie vari tour in Europa e nel mondo, e partecipa a numerosi progetti per lo spettacolo, dal teatro alla televisione. Nel1983 scrive L'Opera du Pauvre, forse il vertice massimo della sua espressività. Muore il 14 luglio 1993 a Castellina in Chianti, in provincia di Siena, dove viveva già dal 1971 con la compagna Maria e i figli Matteo, Cecilia e Manuela.

buona giornata a budapest

Fabio Paolo Costanza ha detto...

Grazie all'ottimo Mr Da20 e a John Sbranza per la segnalazione.
Miao.

Anonimo ha detto...

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Anonimo ha detto...

Grandissimo e unico Leo!

John Sbranza

Anonimo ha detto...

Mi oppongo.
Mi oppongo con fermezza e definitivamente.
Mi oppongo alla disperazione e alla sua settimana, mi oppongo all'eroina e alla miseria.
E' così.
Non contrasto i testi, e le loro lancinanti verità.
Mi oppongo alla crogiolante ripetitività cosmica dell'eterna riproposizione della disperazione.
Non contrasto la disperazione.
Mi oppongo alla ripetitività.
Alla nausea che (mi?) provoca cercare dialoghi e sentir rispondere solo con figurine del proprio marcescente dolore, vero o presunto non importa: le figurine sono state passate di mano in mano talmente tante volte da essere oramai consunte, unte, quasi non si distingue più nulla del disegno e l'una con l'altra sono in realtà ormai identiche.
E quindi?
E quindi di tutta la disperazione, di tutta l'eroina, di tutta la parola e le lancinanti verità, sepolte dai continui passamano, non resta proprio più niente.
La verità è così che la si uccide: costringendola troppo tempo sotto al sole.
Di altre verità c'è bisogno, di altri occhi sotto il sole.
Qui manca l'aria.
E puzza di morto.

Anonimo ha detto...

Mi oppongo.
Mi oppongo con fermezza e definitivamente.
Mi oppongo alla disperazione e alla sua settimana, mi oppongo all'eroina e alla miseria.
E' così.
Non contrasto i testi, e le loro lancinanti verità.
Mi oppongo alla crogiolante ripetitività cosmica dell'eterna riproposizione della disperazione.
Non contrasto la disperazione.
Mi oppongo alla ripetitività.
Alla nausea che (mi?) provoca cercare dialoghi e sentir rispondere solo con figurine del proprio marcescente dolore, vero o presunto non importa: le figurine sono state passate di mano in mano talmente tante volte da essere oramai consunte, unte, quasi non si distingue più nulla del disegno e l'una con l'altra sono in realtà ormai identiche.
E quindi?
E quindi di tutta la disperazione, di tutta l'eroina, di tutta la parola e le lancinanti verità, sepolte dai continui passamano, non resta proprio più niente.
La verità è così che la si uccide: costringendola troppo tempo sotto al sole.
Di altre verità c'è bisogno, di altri occhi sotto il sole.
Qui manca l'aria.
E puzza di morto.