domenica 14 ottobre 2007

La domenica poesia d'autore: Vincenzo Cardarelli


Passato


I ricordi,
queste ombre troppo lunghe
del nostro breve corpo,
questo strascico di morte
che noi lasciamo vivendo
i lugubri e durevoli ricordi,
eccoli già apparire:
melanconici e muti
fantasmi agitati
da un vento funebre.
E tu
non sei più che un ricordo.
Sei trapassata
nella mia memoria.
Ora sì, posso dire che
che m'appartieni
e qualche cosa
fra di noi è accaduto
irrevocabilmente.
Tutto finì, così rapito!
Precipitoso e lieve
il tempo ci raggiunse.
Di fuggevoli istanti
ordì una storia
ben chiusa e triste.
Dovevamo saperlo
che l'amore
brucia la vita
e fa volare il tempo.

3 commenti:

Fabio Paolo Costanza ha detto...

Vincenzo Cardarelli Nazzareno (Corneto Tarquinia, 1 maggio 1887 – Roma, 18 giugno 1959)

Anonimo ha detto...

...............:

viviamo
d'un fremito d'aria
d'un filo di luce
dei più vaghi e fuggevoli
moti del tempo
di albe furtive
di amori nascenti
di sguardi inattesi
e per esprimere
quel che sentiamo
c'è una parola sola
disperazione.


-1929 Vince il Premio letterario Bagutta per il libro "Il sole a picco"


"Io nacqui forestiero in Maremma, di padre marchigiano, e crebbi come un esiliato, assaporando con commozione tristezze e indefinibili nostalgie. Non mi ricordo la mia famiglia, né la casa dove son nato, esposta a mare, nel punto più alto del paese, buttata giù in una notte come dall'urto di un ciclone, quando io avevo due anni appena.
Sono venuto a conoscere mio padre un giorno che, nientedimeno, aveva sposato, e io soffiavo nel fornello a tutto andare, con una ventola nuova nuova. Ci fu un tempo ch'io vissi sotto la protezione d'un angelo custode e non ne ho altro ricordo se non che ero un ragazzo come tutti gli altri, curato, ben vestito e corretto con severità ed amore. Il destino, dopo avermi tolto la madre mi aveva regalato in compenso una matrigna, tutta d'oro, dal cuore alle mani. Me la aveva portata da lontano, parlava un dialetto settentrionale.
Tutta questa felicità durò poco, tre anni appena. Un dopo pranzo, che tornavo dalla scuola, passando davanti alla camera dove la mia cara madre giaceva malata e mentre son lì per entrare (ma già mi aveva sorpreso il lenzuolo che le avevano tirato fin sopra il capo) due braccia mi sollevarono e mi deposero nella camera accanto, dove una sorella della morta stava, in quel momento, levandosi di letto, dopo aver trascorso la notte vicino a lei. Erano quelle di mio padre.
Da allora la mia esistenza si complicò. I confini della mia famiglia si confusero e si dispersero. Non potendo badare a me, mio padre si vide costretto a collocarmi ora qui ora là, a dozzina. Conobbi altre case, dove fui accolto e trattato quasi in qualità di parente, attesa la mia facilità a familiarizzare. Il mondo mi allevò. [...]
Per farla corta, mio padre pretendeva che io diventassi nient'altro che un buon commerciante, alla sua maniera. Ecco la ragione vera per cui non volle che studiassi e fece, senz'accorgersene, la mia rovina. [...]
A sedici anni, cioè un anno avanti che mio padre morisse, ero già lontano da lui e dal mio paese. [...]
Per vivere, nei primi anni, dovetti fare i mestieri più vari: addetto a vigilare l'andamento delle sveglie in un deposito d'orologi; ammanuense nello studio d'un bisbetico avvocato piemontese e socialista; impiegato nella segreteria della Federazione metallurgica; contabile; infine giornalista.


-visse nella povertà e nella solitudine e morì a settantadue anni ancora più povero e più solo

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Un tempo, era d’estate,
era a quel fuoco, a quegli ardori
che si destava la mia fantasia.
Inclino adesso all’autunno
Dal colore che inebria,
Amo la stanca stagione
Che ha già vendemmiato.
Niente più mi somiglia,
Nulla più mi consola,
Di quest’aria che odora
Di mosto e di vino,
Di questo vecchio sole settembrino
Che splende nelle vigne saccheggiate.

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la speranza è nell'opera
io sono un cinico a cui rimane per la sua fede questo al di là
io sono un cinico che ha fede in quel che fa



(Per me)il suo grande sbaglio,forse unico(a livello poetico e letterario),è che stato controcorrente fino alla "fama"(mai veramente considerato);e poi ha deciso con altri di instaurare un classicismo poetico "morale" che seguisse l'ordine nella pittura e nella letteratura classicistica....

Probabilmente,per una faccenda di solitudine disperata,che lo aveva portato all'emarginazione poetica e letteraria....Era stato fidanzato anche con Sibilla Aleramo,ma nn andò per niente bene la relazione...

Il classicismo nn era comunque da considerarsi il vecchio o il passato,ma il problema di seguire questa linea stava e sta nell'impossibilità di esprimere concetti diversi da quelli di una categoria di "vecchi",l'impossibilità di contestualizzare concetti ed emozioni,via dicendo!...

Certo che l'ordine poetico era una selezione naturale di "cose belle", ma escludeva "la poesia della strada"-"la poesia della vera disperazione,nn solo d'amore",-"la poesia della passione"-


Coai Ciao Iaco ......


Jon Jhon John.......

Il Mio Cizio Inutile ha detto...

Per me è un grandissimo privilegio avervi come Amici / Fratelli.