lunedì 26 novembre 2007

Giorni rivoluzionari: Dimcho Debeljanov


Se morrò in guerra
nessuno mi rimpiangerà:
ho perduto la madre,
e sposa non ho trovato,
né amici io ho.
Dal mondo me ne andrò,
sì come venuto son,
senza scalpore,
come canto che
tacito
desta inutil ricordo.

14 commenti:

Fabio Paolo Costanza ha detto...

Scritta dal grande poeta bulgaro a 29 anni prima di morire al fronte.Grazie a Davide per la segnalazione.

Anonimo ha detto...

ANCHE TU
SE LO VUOI
CANTA LA BALLATA DELLA ZUCCA CON NOI
QUESTO E' HALLOWEEN
halloween
HALLOWEEN
halloween
halloween
HALLOWEEN

Anonimo ha detto...

c'è da una A si troppo,ma non importa...natale è vicino
Comunque cos'è meglio?la bulgaria o la romania?
(domani,GIURO,farò un vero commento alla poesia)

Anonimo ha detto...

Gnaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa!!!!
(notte anche a te, piccola stella senza cielo
notte anche a te, pecoraberta)

daventi ha detto...

auguri a ilona anna staller
in arte... va bhe lo sappiamo tutti ehehehe

buona giornata!

Anonimo ha detto...

Sensazzioni di solitudine disarmante!
Paura incerta di un'avviso sicuro che dalla morte "non mi separa".
Una Poesia che ha ANIMA ed ultimo disperato grido, prima di sprofondare SENZA AIUTO nel pessimismo dell'irrazionale "menefreghismo".

Solitudine!

Anonimo ha detto...

Johnny, fattela una cazzo di ridata, eh su!

i Coniugi

Anonimo ha detto...

ovvimanete si giocava...si è toscani...ci piace scherzare...

Della poesia mi piace l'idea che sta alla base(Lois aggiunge: il senso di futilità della vita),ma non lo stile lessicale e quindi forse la traduzione(?).

Un soleggiato lunedì ci attende al varco con i suoi doveri!

Anonimo ha detto...

Non prenderti male, ma prenditi qualche volta anche sul serio a Lois:

Perchè dovrei ridere nei commenti proprio quando c'è la poesia di un poveraccio che prende la decisione di andare in guerra come unica soluzione alla fame ed alla sopravvivenza?!

Credo che se proprio dovrò ridere lo farò nei commenti della tua prossima...cosa...


Proprio non capisco!...
E' per queste cose un blog poi diventa una merda!
Per la mancanza di discussione artistica.

Allora mettiamo il video di quando hai ballato all'asilo e si che si ride e mi sono fermato qui....

Ci sono cose sulle quali si può scherzare ed altre che non si possono "scordare".

Guarda che Gaber non è che lo "scemo" lo faceva anche quando era a convegni sulla fame in Africa, oppure cose simili....

(E non sono nemmeno permaloso, è solo che non si possono sopportare minchiate cosi' a lungo, e ti/vi assicuro non sono l'unico....Anche perchè è forse il non fare niente che annoia, io quel poco tempo che ho vorrei capire cosa pensa la gente, senza troppa serietà, perchè sapete benissimo che sono il primo a ridere scherzare, fare macello ecc....)

Messi in discussione, si è passibili di guidizio!

Fabio Paolo Costanza ha detto...

Un po' di biografia...
Quale la vita di Dimcho Debeljànov? Non ne sappiamo gran che. Fu certo di povera famiglia; studiò dapprima nella natia Koprivshtitza, piccolo e grazioso centro ai piedi della Sredna Gora; passò poi a Plovdiv e infine a Sofia (la "piccola cattiva Sofia" come egli la definì), dove frequentò legge, ma non ebbe né piacere né dimestichezza con i codici e preferì la compagnia di giovani scrittori, fra questi il grande Pencho Slavejkov.

Leggeva e traduceva i simbolisti russi e quelli di lingua francese che allora andavano per la maggiore, e sul loro modello iniziò la sua attività di poeta. Conduceva vita assai grama, assillato dalle ristrettezze e disgustato della grettezza di una sciatta vita borghese. Fu impiegato in diversi organi statali, ma le sue entrate erano sempre tali da permettergli a malapena di sopravvivere.

Nella Bulgaria da poco liberata dalla dominazione ottomana erano ormai tramontati gli entusiasmi del primo momento ed era subentrata una meschina rivalità tra le parti e i loro rappresentanti, tesi al raggiungimento di fini prettamente materiali. Tutto ciò suscitò nel giovane Debeljanov il disgusto, aggiungendosi a quello per una esistenza di stenti, di desideri inappagati, di mancanza di affetti sinceri.

Siamo alla vigilia della prima guerra mondiale; nel Paese si andavano sempre più affermando correnti di ispirazione socialista, ma il poeta, come molta parte della "intellighenzia" di quel tempo, non vi trovò appagamento; ebbe sì scatti di ribellione contro le ingiustizie sociali - e la sua protesta si traduce in alcune liriche, non però tra le più belle -, ma rimasero la protesta di un individualista che esprime la propria ribellione con una forma di scapigliatura e di infruttuosa autocritica.

Da questa condizione di stallo bisognava pur uscire. Tempra di lottatore Debeljanov non l'aveva certo, e allora la soluzione dei suoi problemi parve una sola: partire per la guerra, sebbene, dato l'impiego che ricopriva, fosse esente dal servizio militare effettivo. Ma decise di partire, sperando che gli eventi modificassero una situazione ormai insostenibile. Non fu quindi amor di patria, non fu esaltazione guerriera, non fu nemmeno aspirazione a futuri compensi; fu solo anelito di liberazione, di mutamento. Ma non fu incoscienza, ché si rendeva ben conto dell'evento che poteva por fine ai giorni suoi:
"Io parto, Naum, ma so che cadrò al primo scontro." - "Io vado, e so che non farò ritorno:' - Sarò come fulgida favilla, e come favilla estinguerò." - "Un terribile presentimento mi tormenta, che mi uccidano già
al primo scontro."

daventi ha detto...

sapeva che sarebbe morto ma ci è andato lo stesso, pur di cambiare qualcosa ha percorso ache una strada non sua...
un grande poeta!

Anonimo ha detto...

Grazie Bacco per la nota biografica. Non conoscevo l'autore di oggi.
Diciamo che la scelta di vita è opinabile. Proverò a conoscere meglio il poeta.

Anonimo ha detto...

Completamente d'accordo con la tua osservazione Johnny
Solo che la presente lirica non mi affascina mortalmente: lo sconforto è legittimo, e l'immagine di una vita che balugina debole tra fiamme più fulgide e gloriose, e non vista nasce e non vista muore, è non solo legittima: è profonda e coinvolgente
Solo che non è una scelta di vita (peraltro appunto opinabile, forse ai limiti - sul serio - del segaiolismo) a rendere "intoccabile" una poesia, come anche il suo tema
Non è chi sei o quello di cui parli a rendere bello quello che dici
E' come lo dici
Non tecniche retoriche: gusto, che sta principalmente nell'anima di chi ti legge
E questo ovviamente vale per ogni mia futura "cosa"
Per quanto riguarda Gaber sai che lo conosco a fondo e ci sono cresciuto, e non ricordo una canzone scema che sia una quindi non capisco a cosa tu ti riferisca
Per il resto sembra esserci altro sotto al tuo commento, ma di quello ti chiedo di parlarne con me.

Anonimo ha detto...

Premesso che nn conosco per niente quest'autore (e per questo non si smette mai di ringraziare Bacco per come cura questo blog), mi sembra, anche dai brevi cenni biografici, che è proprio il caso di un poeta lirico tipico del novecento (soprattutto tipico dell'est europa, ove per est europa nn si intende un'unità culturale bensì un'unità di tematiche e problematiche politiche).
Consiglio con umiltà a tutti i lettori del blog e quindi appassionati di poesia di leggere il romanzo "La vita è altrove" di Milan Kundera, ove il grande scrittore sostiene in maniera molto velata che la poesia lirica (contenente topos come l'infelicità amorosa, la solitudine che sfociano in una lotta che ha un'origine, ma solo quella, donchisciottesca) sia il piano superiore che sopperisce a una vana ricerca della virilità da parte degli autori lirici (molti dei quali sono morti per la patria senza essere patrioti, oppure si sono schierati con regimi autoritari comunisti solo di nome).
Con questo non voglio dire che questo poeta sia certamente quello che Kundera chiama poeta lirico, perchè nn lo conosco.
Però mi sembra un intervento costruttivo soprattutto per il consiglio bibliografico.